La forza marittima dell'Indonesia affonda le sue radici nella sua storia, in particolare nella riscoperta del Regno di Srivijaya. Gli studiosi europei portarono inizialmente alla luce Srivijaya attraverso documenti storici cinesi. L'esistenza del regno fu formalmente postulata nel 1918 dallo storico francese George Cœdès. Lo identificò con il regno di Shih-li-fo-shih, menzionato nei testi cinesi. Il nome Srivijaya appare nelle iscrizioni di Kedukan Bukit (682 d.C.) e Talang Tuwo (684 d.C.) vicino a Palembang.
I-Tsing, un monaco buddista cinese, visitò Srivijaya nel 671, rimanendovi per sei mesi per imparare il sanscrito. Nel 689, al suo ritorno, l'influenza di Srivijaya era cresciuta e nel 775 era potente, con edifici religiosi a Ligor (penisola malese). I-Tsing lo descrisse come un centro fortificato di apprendimento buddista con oltre mille monaci.
Conosciuto come Shih-li-fo-shih, San-fo-ts'i o San Fo Qi dai cinesi, e Yavadesh o Javadeh in sanscrito e pali, Srivijaya era anche chiamato Zabaj dagli arabi. L'ubicazione della sua capitale è dibattuta, ma Pierre-Yves Manguin suggerì l'area del fiume Musi tra Bukit Seguntang e Sabokingking (Sumatra meridionale). L'iscrizione di Ligor (775) menziona il re Dharmasetu. Le navi di Srivijaya sono raffigurate nei rilievi del tempio di Borobudur, simili alle barche pinisi.
Srivijaya fu un impero talassocratico che prosperò dal VII al XIII secolo, dominando il commercio marittimo nel sud-est asiatico. La sua influenza si estese attraverso gli aspetti politici, religiosi, economici e culturali della regione, lasciando resti in Indonesia, Malesia e Thailandia.